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sabato 11 marzo 2023

Incipit - Il cielo d'Irlanda mi parlerà di te

 PROLOGO

Non posso più continuare a mentire a me stesso. Quello che sento per quella ragazza non è fastidio. Sono attratto da lei. Lo sono sempre stato, solo che non volevo ammetterlo. Anzi, si tratta di qualcosa di più di una semplice attrazione. Sono mesi che non faccio altro che pensare a lei, al suo sguardo malinconico, al modo in cui si ravvia i capelli, al suo profumo.
È inutile che continui a nascondere i miei sentimenti dietro a patetiche scuse, come ho fatto fino ad ora. Erano anni che non mi trovavo in una situazione simile. In vita mia non avevo mai provato qualcosa di così profondo. Lei si è insinuata nei miei pensieri e nel mio cuore come un tatuaggio indelebile. Il che è ridicolo perché, in fin dei conti, non abbiamo avuto una sola conversazione degna di nota. Eppure, ho passato così tanto tempo a studiarla che è come se la conoscessi da sempre.
Ma lei cosa prova per me? E se facesse sul serio con quello? Non lo capisce che esiste un motivo se ci siamo incontrati? Non può perdere tempo con un altro. 
Devo fare qualcosa e in fretta.

 
CAPITOLO 1

L’aula 17 – numero poco propizio per l’occasione – era gremita di studenti chiassosi in attesa di essere chiamati al “patibolo”. Sì, era un dato di fatto che quello di Procedura civile fosse il più difficile degli esami del quinquennio di Giurisprudenza. A complicare la situazione, però, c’era un altro elemento: il perfido Barracuda. Ovviamente non si trattava di un pesce tropicale, ma di una persona in carne ed ossa. Il Dottor Alfonso Barberini era l’assistente del Professor Cancelli, il titolare del corso di Procedura civile, ma era assai ben più temibile dell’anziano docente. 
Quarant’anni, aspetto ordinato, socio di un prestigioso studio legale specializzato in discipline civilistiche, “Barracuda” non era certo un soprannome che si era guadagnato a caso. Erano le statistiche a parlare chiaro: la percentuale di studenti che riusciva a superare l’esame con lui era del 7,5%. Destino ben migliore toccava ai fortunati che venivano esaminati dal Prof. Cancelli. C’erano solo due cosa da fare: studiare moltissimo e affidarsi alla sorte.
«Buongiorno, spero che siate preparati.» Il Barracuda entrò nell’aula con un registro in mano, posò la sua valigetta di pelle nera sulla cattedra e si sedette.
Il brusio di sottofondo cessò immediatamente. 
«Il Professor Cancelli sarà qui a momenti. Intanto, procediamo con l’appello.» 
Ad uno ad uno chiamò i nomi che erano segnati sulla sua lista, scuotendo la testa in segno di disapprovazione quando qualcuno non rispondeva e cancellando il nominativo con una linea marcata di stilografica nera. 
Quando arrivò al mio cognome, il cuore iniziò a martellarmi nel petto. 
«Presente» risposi con un filo di voce, stando ben attenta a non incrociare il suo sguardo. Non sapevo come avrei fatto a superare indenne la giornata, figuriamoci l’esame.
«Coraggio!» mi sussurrò Nicholas. «Non stiamo andando in guerra.» 
Che parlasse per lui! Io mi sentivo un’eroina militare per il solo fatto di essere lì. Se fossi caduta in battaglia, metaforicamente parlando, avrebbero almeno dovuto insignirmi di una medaglia al valore.
E poi era tutta colpa di Nicholas se mi trovavo in quella situazione. «Ci mancano dieci esami e siamo già fuoricorso di un anno. Vediamo di toglierci il più difficile e poi sarà come volare, vedrai» mi aveva suggerito ottimista due mesi prima. E io, come una stupida, mi ero lasciata convincere. 
Ma quale volare! In quel momento mi sarei accontentata di camminare a passo spedito … fuori dall’aula. 
In preda al panico, iniziai disperatamente a sfogliare i miei schemi, ma tutto quello che avevo scritto mi sembrava incomprensibile.
«Non mi ricordo niente, Nick» bisbigliai al mio compagno di disavventure universitarie. 
Io e Nicholas ci conoscevamo dai tempi del liceo, ma avevamo iniziato a legare solo da qualche anno. Precisamente, da quando l’avevo incrociato per caso nei corridoi dell’ateneo. Lui aveva iniziato i suoi studi a Viterbo, ma poi aveva deciso di trasferirsi nella mia università.
«È quello che dici sempre, Lalia, però non sei mai stata bocciata in vita tua.»
«Sì, grazie al mio atteggiamento “prudente” che mi spinge a presentarmi agli esami solo quando ritengo di essere davvero preparata. Per questo sono fuoricorso. Comunque, penso di non aver studiato abbastanza per quest’esame. E poi c’è sempre una prima volta.» 
«Per favore, fate un po’ di silenzio in terza fila. Stiamo per cominciare» esclamò in tono gelido Il Barracuda con la sua voce baritonale.
Perfetto! Ci eravamo fatti notare. In senso negativo.
«Avanzini, si accomodi, prego.»
Una ragazza minuta si fece strada in direzione della cattedra, guadagnandosi qualche “In bocca al lupo” di incoraggiamento. Ne avrebbe avuto bisogno, questo era certo.
Il Barracuda le fece segno di accomodarsi e le chiese il libretto.
«Mmmh,» disse pensieroso «qui figurano solo ventuno e ventotto. Cos’ha, una passione per i multipli di sette?»
«Uhm, ecco …» rispose debolmente la malcapitata.
«Vabbè, visto che siamo in argomento, mi sa dire il comma sette dell’articolo 413 del codice di procedura civile?»
«Ehm, dunque …» balbettò la tipa. 
Non potevo vedere l’espressione della ragazza perché mi dava la schiena, però notai benissimo lo sguardo annoiato dell’esaminatore.
L’uomo si sistemò i vistosi occhiali dalla montatura rossa, afferrò la sua stilografica e iniziò a dare leggeri colpetti sulla cattedra con la penna, quasi a scandire il tempo. Seguì un minuto di imbarazzante silenzio. «Non lo sa?» chiese ironicamente alla fine. «Torni la prossima volta, signorina.»
La ragazza si alzò di scatto dalla sedia e si precipitò fuori dall’aula. Era in lacrime, ma la cosa sembrava importare ben poco al Dottor Barberini.
«Bonetti, prego, si accomodi.» Questa volta era il turno di un ragazzo allampanato. «Vediamo se lei sa rispondere correttamente al mio semplicissimo quesito.»
«Mmmh, può ripetere la domanda?»
Il Barracuda sospirò. «Vedo che non era attento. Iniziamo molto male. Comma sette, articolo 413 del codice di procedura civile.»
«Ehm, dunque …»
«Secondo lei, è corretto iniziare una frase con “ehm, dunque”, signor Bonetti?»
«Ecco, io …»
«Sa rispondere o no?»
Il ragazzo rimase in silenzio per una trentina di secondi prima di essere congedato malamente.
Il Barracuda scorse la sua lista e chiamò un altro esaminando. Nemmeno quest’ultimo seppe fornire una risposta corretta al suo “semplicissimo quesito”, così il copione si ripeté un’altra volta.
Si era accomodato il quarto candidato quando arrivò il Professor Cancelli. Mai noi studenti eravamo stati così felici di vederlo.
«Meno male!» esclamai. «Speriamo di essere interrogati da lui.»
«Sii ottimista, Lalia» sussurrò Nick. «Scommetto una pizza che ce la caveremo alla grande.»
«Ma come fai ad essere così rilassato?» gli chiesi in un sussurro. «Io sto tremando.»
Lui scrollò le spalle. «Il mondo non finirà per un esame andato male. E poi lo sai che non me ne importa molto di laurearmi in Giurisprudenza. È così anche per te, no?»
Sì, era vero. Il diritto proprio non faceva per me e non ci avevo messo molto a scoprirlo. Non avevo ancora mollato solo per non dare un dispiacere a mio padre. Lui faceva il Commissario di Polizia a Viterbo e sognava che io seguissi le sue orme. All’inizio avevo pensato che quello fosse anche il mio sogno, però poi avevo capito che non era così. Che stavo solo cercando di farlo contento. 
Povero papà. Lui si era sempre fatto in quattro per me, specialmente dopo che la mamma ci aveva lasciato per mettersi con un messicano e io non me la sentivo di deluderlo. Ricordavo ancora le sue lacrime di commozione quando mi avevano ammesso al PILS, acronimo di Private Institute of Legal Studies. 
Il perché Nicholas, nonostante il suo odio dichiarato nei confronti dello studio mnemonico delle norme giuridiche non avesse ancora gettato la spugna, invece, rimaneva un enigma per me. E ogni volta che toccavamo l’argomento, lui si mostrava piuttosto reticente. La cosa strana era il fatto che, al terzo anno di università e già indietro con gli esami, si fosse trasferito dall’Ateneo di Viterbo al PILS. Avrei potuto capire se avesse cambiato facoltà, ma perché scegliere di studiare qualcosa che detestava in un’università dove avrebbe trovato vita molto più difficile? Senza contare le rette decisamente più elevate rispetto ad una statale. 
La sua spiegazione era stata un semplice e poco credibile: «Volevo sfidare me stesso». Peccato che il suo atteggiamento scanzonato dicesse l’esatto opposto. Sembrava che il conseguimento del titolo accademico fosse l’ultimo dei suoi pensieri.
Comunque, per me era stata una vera fortuna rincontrarlo. Insieme a lui non mi sentivo poi così ebete. Finalmente c’era qualcuno che mi capiva. 
«A cosa stai pensando?» mi bisbigliò.
«Al nostro triste destino da universitari stagionati.»
«“Stagionati” è un termine un tantino esagerato, non trovi? Abbiamo solo ventiquattro anni.»
«Abbiamo già ventiquattro anni» lo corressi. «Lo sai che …?»
«Silenzio! Non siamo al mercato» ci ammonì nuovamente Il Barracuda. «Sto cercando di interrogare.»
Avrei voluto raccontare al mio collega che Gaia, la mia più cara amica, lavorava già da tre anni e non aveva nemmeno avuto bisogno di andare all’università, ma non sembrava il momento adatto per le chiacchiere. Rimanemmo in silenzio per tutta l’ora successiva. 
Ormai era quasi arrivato il mio turno. Incrociai le dita, sperando che il Professor Cancelli si liberasse prima del Barracuda, ma la sorte non sembrava essere dalla mia parte. L’acido assistente bocciò l’ennesimo candidato prima di esclamare: «Che strage!» in tono compiaciuto. Sì, era decisamente un sadico e sarei capitata sotto le sue grinfie se non avessi fatto subito qualcosa per evitarlo.
Senza pensarci due volte, infilai il mio quaderno nella borsa, afferrai il soprabito e mi fiondai fuori dall’aula sotto lo sguardo perplesso di Nicholas, che mi seguì a ruota.
«Ehi, Lalia, dove stai andando?» mi domandò, non appena fummo al sicuro nei corridoi dell’Ateneo.
«A casa, non lo vedi? Neanche sotto tortura mi farei esaminare da quello là.»
«Allora andiamo. Ti accompagno.»
«Ma come? Tu non vai?»
«Ci riproveremo insieme il mese prossimo» disse strizzandomi l’occhio.
Sospirai. La strada verso la laurea sembrava ancora ancora molto lunga e tortuosa. 
 


Il cielo d'Irlanda mi parlerà di te - Campus Mistake


 

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